Il personaggio di Ibn Battuta è senz’altro uno dei più interessanti e conosciuti del mondo arabo.
La sua notorietà è collegata alla sua vita peculiare ed emblematica, caratterizzata da anni di viaggi e di contatti con decine di popolazioni differenti.
Ibn Battuta nacque a Tangeri, in Marocco, all’inizio del XIV secolo in una famiglia di giudici musulmani, e ricevette un’istruzione tradizionale giuridica e letteraria.
Il suo primo viaggio ebbe come destinazione la Siria, l’Egitto e la penisola arabica: queste tappe erano dettate da una pratica molto comune nel mondo arabo del periodo, ovvero la ricerca di un livello di istruzione superiore presso maestri illustri: qui ricevette diversi diplomi e divenne ufficialmente un giudice. La seconda tappa (nonché dovere religioso) di Ibn Battuta fu il pellegrinaggio verso la Mecca compiuto a 21 anni.
Questo primo viaggio instillò in Ibn Battuta una irresistibile voglia di viaggiare, ed è quanto fece per la gran parte della sua vita: diversamente da grandi viaggiatori famosi nella storia, Ibn Battuta prese a viaggiare per il puro piacere per il viaggio, senza ragioni professionali a guidarlo. Dal 1325 al 1354, percorse più di 120.000 chilometri viaggiando con il favore dei diversi sovrani e governanti dei Paesi che visitava, grazie alla sua posizione di giudice e alla sua fama crescente di viaggiatore rinomato.
Le zone da lui visitate si estendono dal Marocco all’Indonesia: i suoi viaggi cominciarono dal porto di Jedda (nell’attuale Arabia Saudita), visitò i Paesi della penisola arabica e della costa orientale dell’Africa, arrivando fino in Tanzania.
Risalì poi in Oman e in Persia meridionale, attraversò l’Anatolia fino all’Asia centrale guidato dalla volontà di incontrare il sultano di Delhi: giunto in India, vi rimase per sette anni con il titolo di gran giudice dell’impero.
Quando venne nominato come ambasciatore per recarsi in Cina, Ibn Battuta si mise in viaggio, ma venne attaccato da un gruppo di insurrezionalisti indù e subito dopo essere partito dall’India per recarsi in Cina, finì in un naufragio, perdendo i doni da consegnare in Cina. Decise così di scappare alle Maldive, dove restò per due anni, per poi recarsi in Sri Lanka, Bengala e infine riuscire ad arrivare in Cina, partendo da Sumatra, in Indonesia.
Dopo il suo viaggio in Cina, che visitò percorrendone le terre per diverso tempo, iniziò il suo viaggio di ritorno, compiendo nel mentre il suo ultimo pellegrinaggio alla Mecca.
Prima di tornare in Marocco, si recò in Sardegna. Tornato a Tangeri, decise di visitare anche Granada, la più importante città della Spagna musulmana, e in seguito il Sudan. Infine, il suo ultimo viaggio fu nel regno del Mali, dove venne inviato dal sultano marocchino e dove rimase per un anno prima di tornare a Tangeri e cessare i suoi viaggi, nel 1353.
Mappa di Ecnyclopaedia Britannica, Inc.
Al suo ritorno, il sultano richiese che i suoi viaggi venissero comunicati ad un poeta andaluso, Ibn Juzayy: questo raccolse le memorie del viaggiatore, adattandole ad un linguaggio meno simile a quello di un tipico resoconto di viaggio e più vicino al mondo della poesia.
Gli anni della vita di Ibn Battuta dopo il ritorno dai suoi lunghi viaggi sono incerti: probabilmente lavorò come giudice in Marocco e morì intorno al 1368.
Questo personaggio ha dello straordinario, così come lo hanno i viaggi da lui vissuti e raccontati: quanto riportato al poeta è stato trasformato in un libro, conosciuto con il nome di Rihlah, che significa per l’appunto “I viaggi”.
Ibn Battuta trasmette una conoscenza di decine di culture differenti e di esperienze vissute in luoghi difficilmente raggiungibili per il cittadino medio del XIV secolo, e fornisce alla storia preziosi dettagli sulla cultura e sulle abitudini di popolazioni passate.
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